Recensione della Tesi magistrale di Mariia Gromyko «La traduzione del dialetto nel cinema italiano contemporaneo: il film Baarìa di Giuseppe Tornatore» La Tesi di Mariia Gromyko è incentrata sulle problematiche legate alla traduzione audiovisiva nel quadro della realtà linguistica italiana. La ricerca si basa sulle tre versioni del film Baarìa (2009) di Giuseppe Tornatore: l’originale in dialetto siciliano, il doppiaggio italianizzato distribuito nelle sale cinematografiche non siciliane e il doppiaggio russo. Considerato che i dialoghi in siciliano sono quasi completamente incomprensibili, come punto di riferimento si utilizza la sceneggiatura di Baarìa, scritta da Tornatore e edita da Sellerio (2009) come libro autonomo contenente tutte le battute del film. L’oggetto di confronto è costituito dai dialoghi originali in siciliano stretto e la loro traduzione nelle versioni italiana e russa. Dedicando la ricerca all’analisi delle scelte traduttive, M. Gromyko si pone l’obiettivo di stabilire se il dialetto e la sicilianità che esso rappresenta in Baarìa possono essere in qualche modo “trasferiti” nelle traduzioni. Si parte dal presupposto che detta varietà dialettale abbia una funzione fondamentale nei dialoghi dell’opera, trattandosi di un aspetto essenziale dell’identità degli isolani. Si cerca, quindi, di verificare l’ipotesi che il doppiaggio italianizzato riesca a trasportare, seppur non completamente, questo fenomeno, mentre il doppiaggio russo neutralizza il colorito linguistico della lingua di partenza. La Tesi è suddivisa in tre capitoli. Nel primo capitolo, basato su ricerche specifiche russe e italiane (Perego 2005, Gorškova 2006 ed altri), si definiscono le fondamenta della traduzione audiovisiva (TAV, kinoperevod nella teoria russa). Innanzitutto, si delinea la natura del parlato cinematografico, solitamente riferito a “simulatori del parlato” e considerato come lingua “trasmessa”, cioè quella lingua che viene veicolata attraverso il canale auditivo e secondariamente, nel caso del cinema muto, visivo. Si individuano, inoltre, le caratteristiche del parlato filmico: l’unidirezionalità, la molteplicità dei mittenti, la simulazione del parlato reale e la distanza tra la preparazione del testo, la sua esecuzione e la ricezione da parte degli spettatori. Dopodiché si passa ad individuare la posizione della TAV all’interno della teoria della traduzione. Si giunge, quindi, alla conclusione che in Russia la TAV non si è ancora formata in una disciplina scientifica, professionale e universitaria ben delimitata, sebbene si noti un interesse sempre crescente verso le sue problematiche, in parte diverse da quelle della traduzione letteraria. In terzo luogo si elencano i tipi della TAV. Una particolare attenzione si dedica alla sottotitolazione ed al doppiaggio – le tecniche più diffuse in Russia e in Italia. I limiti e i vantaggi di queste due metodologie vengono mostrati attraverso un’analisi contrastiva. Nella fase successiva si individuano le peculiarità e le difficoltà della traduzione audiovisiva. Si deduce, ad esempio, che la TAV presuppone l’adattamento labiale delle battute in lingua di arrivo alle parole pronunciate dagli attori in lingua di partenza. Si evince, inoltre, che la traduzione filmica non può essere ridotta alla trasposizione formale dei singoli elementi del film, poiché deve riprodurre un complesso prodotto comunicativo, composto da codici verbali, sonori e iconici. Tuttavia, il problema più grosso riguarda la possibilità di adattare il testo originale alla cultura straniera, fondata su nozioni e valori differenti. Proprio questo fattore spiega l’inevitabilità di alcune perdite nella percezione di un testo tradotto, contenente argomenti “estranei” o incompatibili dal punto di vista culturale. Il secondo capitolo traccia panorama sintetico sul repertorio linguistico dell’Italia – una realtà che alquanto spesso pone notevoli problemi davanti al traduttore che si occupa dei film italiani. Una particolare attenzione si presta alle caratteristiche del dialetto siciliano – l’idioma originario di Baarìa. Si stabilisce che esso fa parte del sistema linguistico centromeridionale e possiede numerosi tratti distintivi a diversi livelli strutturali, dovuti alla complessa storia della Sicilia. In seguito viene fornita una breve storia dell’uso del dialetto nel cinema italiano, dai primordi ai film contemporanei. In questa fase della Tesi si evince che le particolarità sociolinguistiche dell’Italia, descritte nel paragrafo precedente, hanno sempre influenzato il cinema italiano, penetrandovi come imprescindibile aspetto della vita sociale oppure svolgendo una funzione mimetica o umoristica. Tutto ciò comprova che, scegliendo il dialetto per la realizzazione di Baarìa, Tornatore ha basato la propria attività su una lunga tradizione cinematografica italiana. Nel terzo capitolo si passa allo studio pratico delle trasformazioni traduttive per la trasposizione linguistica e culturale del dialetto siciliano e della sicilianità nei doppiaggi italiano e russo di Baarìa. Viene presentata la metodologia della ricerca che consiste, soprattutto, nel confronto tra il parlato filmico dell’originale e quello delle versioni tradotte. L’analisi delle occorrenze, riportate nelle tabelle, è finalizzata ad identificare i casi di mantenimento o adattamento del dialetto. Durante la prima analisi del corpus, vengono distinti gli idiomi che compongono la fisionomia linguistica del film: il dialetto siciliano, l’italiano regionale, l’italiano dell’uso medio, l’italiano letterario e l’inglese. Tuttavia, la ricerca conferma il presupposto di partenza che l’idioma siciliano giochi un ruolo davvero fondamentale nella narrazione di Baarìa, essendo il filo conduttore della memoria del popolo bagherese che Tornatore, oriundo di Bagheria, ha voluto trasmettere attraverso la sua opera. In seguito la ricercatrice si concentra sulle trasformazioni traduttive. Si osserva che il titolo del film viene lasciato intatto nella versione italianizzata, trattandosi di una scelta personale di Tornatore, mirata ad evidenziare ancora di più l’importanza del dialetto per il film. Nel doppiaggio russo, invece, il toponimo dialettale viene russificato con lo spostamento dell’accento sul secondo sillaba: Баа́рия. Tale trasformazione, secondo l’autrice della Tesi, non sarebbe giustificata, in quanto Baarìa è, in ogni caso, un nome geografico sconosciuto per un parlante russofono. Tale toponimo avrebbe potuto essere trascritto e pronunciato con l’accento originale. Successivamente l’analisi delle possibilità di trasportazione del multilinguismo originale nella traduzione porta ad una conclusione fondamentale. La versione italiana, pur non riuscendo ad esprimere tutte le sfumature del significato artistico originale e livellando talvolta i fenomeni di code-switching e di code-mixing presenti nella prima versione del film, ne trasmette, comunque, una parte e permette agli spettatori di cogliere l’essenza siciliana del film, mentre nei dialoghi russi la diversità linguistica dell’opera si perde quasi completamente. Si osserva inoltre che la versione italiana riproduce i tratti fonetico-fonologici del parlato siciliano, offrendo un italiano “sporcato” soprattutto a livello della pronuncia. Il doppiaggio russo, non essendo in grado di ricreare i dialettismi fonetici, li ricompensa con strategie traduttive che coinvolgono gli altri aspetti della lingua. M. Gromyko passa all’analisi delle forme grammaticali del dialetto che vengono trasportate dall’originale alla traduzione italiana, concludendo che queste, oltre a non impedire la comprensione dei singoli episodi e del testo filmico in generale, permettono di percepire un forte distacco dalla norma linguistica nazionale nel parlato dei personaggi bagheresi. I dialettismi lessicologici, divisi in cinque categorie semantiche, costituiscono il gruppo più rilevante fra quelli che sono stati impiegati per rendere le peculiarità linguistiche del film. Essi, in genere, vengono fedelmente trasportati nella versione italiana, fungendo dalla più forte espressione degli aspetti linguistici e culturali della sicilianità. Il doppiaggio russo, non potendo avvalersi della tecnica di trascrizione, traduce questi dialettismi con mezzi propri. L’analisi dei diversi aspetti del doppiaggio, svolta dall’autrice della Tesi, conferma l’ipotesi di partenza: nonostante il russo abbia un’ampia gamma di forme parlate, queste non sono sufficienti e/o adeguate ad assicurare una fedele trasposizione culturale e linguistica del dialetto siciliano. Ciò significa che la traduzione russa non rende le caratteristiche dell’idioma siciliano e le scelte del traduttore vanno immancabilmente a favore di una lingua russa standardizzata. Il doppiaggio perde, dunque, le connotazioni sociolinguistiche e culturospecifiche, espresse per il tramite del dialetto nella versione originale. Queste perdite sono causate dall’impossibilità di trasportare la realtà linguistica italiana sul “suolo” cinematografico russo. A sua volta, il doppiaggio italiano, grazie alla vicinanza dei suoi elementi linguistici a quelli del siciliano, riesce a mantenere la funzione identificativa che ha il dialetto in quest’opera. Passando alla valutazione della Tesi di Mariia Gromyko in generale, è necessario, innanzitutto, lodare la magistranda per la scelta dell’argomento della ricerca, dato che le peculiarità della traduzione del linguaggio televisivo alquanto raramente si trovano al centro dell’interesse dei linguisti russi. M. Gromyko, però, rende l’obiettivo della sua analisi ancor più difficile, dedicandosi ad un complesso confronto del problema di trasposizione dei realia dialettali con dei mezzi della lingua nazionale “standard” (l’italiano), in primo luogo, ed con dei mezzi di una lingua straniera (il russo), in secondo. Svolgendo l’attività di ricerca la magistranda si basa su dei solidi fondamenti teorici, adoperando una ricca ed appropriata terminologia e dimostrando di essere assolutamente in grado di trattare complesse questioni linguistiche in lingua italiana. Le conclusioni alle quali arriva M. Gromyko nella parte finale della Tesi appaiono alquanto logiche e scientificamente comprovate. Alla fine della valutazione della Tesi si vorrebbe, comunque, esprimere un auspicio di carattere socioculturale. Parlando del film “Baarìa” ci sembrerebbe opportuno menzionare un altro capolavoro del cinematografo italiano – l’“Amarcord” (1973) di Federico Fellini, accennando ad una significativa tradizione, ormai affermatasi nel cinematografo italiano. Tornatore, seguendo sulla scia tracciata da Fellini, gira un film, basato sui ricordi d’infanzia e giovinezza. Non è da sottovalutare il fatto che i titoli di entrambi i film sono resi in dialetto (in romagnolo ed in siciliano) e questa scelta dei registi sottolinea, per l’appunto, l’importanza del parlato dialettale nella vita quotidiana della gente e funge da una decisiva conferma della fondatezza della ricerca, intrapresa dalla magistranda. Detto auspicio non “offusca” in alcun modo una positiva impressione generale che si trae dalla lettura della Tesi di M. Gromyko. La serietà dell’attività scientifica, svolta della magistranda, merita la più alta valutazione prevista dal sistema dei voti, adottata nell’ambito universitario. Natalia Blokhina, PhD in Scienze Filologiche